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ALEXIS M. LÉPICIER (1863-1936)
PRIORE GENERALE
DEI SERVI DI MARIA E CARDINALE TIZIANO M. CIVIERO, OSM
vedi anche
La vita e l'opera del Cardinale Alessio M. Lépicier - Gabriele M. Roschini
|
Premessa
Con il presente contributo si vuole offrire del cardinale Lépicier un’immagine non convenzionale, la più vicina
possibile alla realtà, completamente ricavata dalla documentazione
d’archivio. Per questo saranno presentati documenti che sono degli inediti
assoluti.
Non è mio compito ricostruire integralmente la vita e l’opera
del Lépicier, data anche la complessità del
personaggio e l’ingente quantità di documentazione che ha lasciato e che è
sparsa un po’ dovunque. Come recita il titolo, la mia ricerca si focalizza
sul servizio da lui prestato alla Chiesa, tramite la Santa Sede, che lo ha
incaricato di importanti compiti e uffici.
Non è questa la prima volta che mi occupo del Lépicier: una mia scheda su di lui infatti è già apparsa
nei «Quaderni di Monte Senario» (n. 8), dal titolo: I Servi di Maria
nell’arco dei due ultimi secoli: tappe di una vicenda. I priori generali e
altre figure eminenti, pubblicata nel 1988 tra le relazioni dell’ottava
Settimana di storia e spiritualità, tenuta a Monte Senario dal 21 al 26
luglio 1986, sul tema: I Servi di Maria nell’Otto-Novecento.
In quella notizia, necessariamente breve, dato che dovevo riferire
dei priori generali dei Servi dal 1814 al 1965, mettevo in rilievo gli elementi
caratterizzanti la sua molteplice attività e in particolare ne sottolineavo
tre: quello dell’insegnamento e delle pubblicazioni, quello del governo del
suo Ordine e quello del servizio alla Santa Sede. A quasi vent’anni di
distanza non ho motivo di rifare quella scheda, ma intendo solo approfondire,
con materiale di prima mano messo a mia disposizione, il terzo elemento, cioè
il servizio del cardinale Lépicier alla santa
Chiesa. Concludevo quelle brevi note dicendo che il Lépicier è morto con un libro in mano, ricoprendo fino
alla fine quella cattedra di docente che tanto aveva amato: stava infatti
commentando il Cantico dei Cantici nella Scuola teologica del Collegio
internazionale «Sant’Alessio Falconieri» e il 1° aprile 1936 aveva
consegnato al papa, in omaggio, una copia dell’ultima sua opera, il Commentario
all’Epistola di S. Paolo apostolo agli Ebrei; morì il 20 maggio di
quello stesso anno. Sono passati settant’anni da quando si concludeva la sua vicenda terrena. Nel frattempo era tramontato il neotomismo, da lui insegnato come unica ermeneutica teologica; altri grandi teologi erano sorti nella Chiesa a illustrare il mistero trinitario, e l’Epistola agli Ebrei non è più attribuita a san Paolo; il Lépicier non serve più da manuale per le scuole di teologia cattolica, perché superato dall’impostazione storico-salvifica, che – proprio mentre egli propugnava e difendeva la teologia neoscolastica e nonostante i timori creati dalla bufera modernista – germogliava in seno alla Chiesa e, con il concilio Vaticano II, sarebbe diventata pianta assai grande e importante.
1. Riferimento documentario-bibliografico
Studiando il Lépicier non si studia
solo la sua persona, ma anche la storia della Chiesa e la storia d’Italia: è
questa la prima constatazione che si fa appena si sfogliano anche solo
alcune delle numerosissime carte che ci ha lasciato e che documentano i suoi
collegamenti con l’una e con l’altra e le sue implicazioni con molti
avvenimenti del primo quarantennio del XX secolo.
Inoltre, con il Lépicier non esiste
la classica ‘mancanza di documenti’. Nell’Archivio
generale dell’Ordine (AGOSM), sezione storica, si
trova un fondo Lépicier semplicemente
sterminato, che l’archivista Odir Jacques Dias chiama, a ragion veduta, «un archivio nell’archivio».
Per questo mi limiterò a elencare il materiale d’archivio
riguardante il Lépicier, aggiungendo però che,
proprio perché ricco di avvenimenti e personaggi, si presta benissimo a
essere studiato episodio per episodio. Basta pensare alla sua corrispondenza
con Maritain o alla visita apostolica del Lépicier in Scozia e in Inghilterra studiata dal Darragh.
1.1.
Documentazione
dell’AGOSM
Governo
dell’Ordine: – procuratore generale: 1 registro; – priore generale: 1 registro in A3; epistolario: 34
contenitori di lettere ricevute e spedite. Incarichi nella Chiesa: – fondo Lépicier: Epistolario:
decine e decine di cartelle di lettere ricevute fin dal suo insegnamento a
Propaganda Fide, cioè dalla fine dell’800 al 1936; i 5/6 di esse sono del
periodo successivo alla sua scadenza da priore generale; – la documentazione relativa ai vari incarichi ricevuti, in
particolare: India, Etiopia, Cartagine, Malta,
prefetto della Congregazione dei Religiosi; – un Diario, che va dal 1914 al 1936; – cartelle con materiale vario; – la fototeca, con decine e decine di fotografie: di queste,
due riguardano la sua famiglia cardinalizia nell’appartamento preparato appositamente
in San Giovanni in Laterano; altre due, in formato cartolina, lo ritraggono
nel suo studio del soggiorno estivo del convento di Pietralba,
seduto al tavolino circolare, ingombro di carte: alle sue spalle un quadro
con il crocifisso e sullo sfondo, alle pareti, la tappezzeria rossa. In
tutte e quattro porta l’abito servitano con la
croce pettorale sopra, l’anello, lo zucchetto e il berretto cardinalizio.
Un’osservazione generale sull’Epistolario. Nella sua
corrispondenza il Lépicier appare in contatto, sia
per dovere d’ufficio sia perché effettivamente molto conosciuto, con persone
di ogni genere e grado, in particolare con persone del mondo ecclesiastico.
Tra i personaggi, la cui corrispondenza con il Lépicier
è già stata edita, sono da ricordare Jacques Maritain,
in seguito accademico di Francia, e suor Agnese di Gesù, sorella di santa
Teresa di Lisieux. C’è in proposito una piacevole annotazione storica:
quando questa, ancora fanciulla, in un colloquio con Leone XIII gli chiede di farsi monaca prima del tempo canonico,
il Lépicier è presente e assiste al singolare
colloquio tra i due! Tra gli ecclesiastici ricordo qui solo i cardinali Carlo
Raffaello Rossi, Pietro Gasparri, Eugenio Pacelli, il gesuita padre Pietro
Tacchi Venturi e il sacerdote Giuseppe De Luca.
1.2. Bibliografia sul Lépicier
Mi limito a segnalare solo gli studi fondamentali,
tralasciando di proposito i numerosi opuscoli che lo riguardano:
- G.M. ROSCHINI, La vita e l’opera del cardinale Alessio M. Lépicier, O.S.M., «Studi
Storici OSM», 3 (1937), pp. 5-44 [pubblicato anche in fascicolo separato con
il titolo: Il Cardinale Lépicier dei Servi di
Maria. Appunti sulla vita e l’opera, Roma 1937 (44 pp. con la stessa
divisione interna)]: 1. La vita; 2. La fisionomia morale; 3. L’opera; 4.
Sereno tramonto; dello stesso autore: Galleria servitana, II, pp. 9-11;
- AUG.M.
LÉPICIER, Dans le sillage fraternel d’une sainte
vie. Le cardinal Lépicier
des Servites de Marie, 2 voll., Roma 1946-1947:
vol. I (1863-1924); vol. II (1924-1936):
«deuxième partie: L’archevêque de Tarse, le visiteur apostolique» [dipende
talvolta dal Roschini, almeno come traccia generale
della narrazione; tuttavia si tratta di una vera e propria biografia del
cardinale];
- O.J. DIAS,
Jacques Maritain al cardinale Lépicier: dieci lettere dal 1923 al 1932, «Studi
Storici OSM», 31 (1981), pp. 279-342 [una breve scheda biografica è contenuta
alle pp. 285-287];
- J. DARRAGH, The Apostolic Visitation of Scotland, «Inners Rewiew», 41 (1970), pp. 7-118 [il merito di questo
studio è di avere trovato documentazione che comprova l’incarico di
visitatore apostolico, conferito al Lépicier
anteriormente alla sua elezione a priore generale dell’Ordine,
stante anche la mancanza di qualsiasi documento al riguardo nel fondo Lépicier in AGOSM,
come peraltro è attestato dall’archivista Dias in
una lettera al curatore dello studio: «La documentazione di questo Archivio
su Lépicier è molto ricca... Mi ha dunque sorpreso
non trovare alcun documento ‘ufficiale’ riguardante direttamente la visita
apostolica fatta da lui in Scozia. Non mancano i documenti sulle numerose
nomine avute dalla Santa Sede: niente, però, sulla Scozia! Anche il suo ‘diario’
tace sull’argomento: inizia infatti alla fine soltanto del 1914»].
- E. PERETTO, Le radici della pietà mariana nelle
trattazioni sistematiche sulla Vergine del card. A.E.M. Lépicier,
O.S.M., (1863-1936) e del G.M. Roschini,
O.S.M., (1900-1977). Continuità e diversificazione,
in De cultu mariano saeculis
XIX-XX, IV. De cultu mariano [...] usque concilium Vaticanum II [...], Roma 1991, pp. 599-621.
2. Le tappe
fondamentali della vita
Nasce a Vaucouleurs (Lorena,
Francia), patria di Giovanna d’Arco, il 28 febbraio 1863. In età scolare è
iscritto e frequenta le lezioni presso il collegio dei Servi di Maria del
paese natale: è il primo, decisivo, incontro con l’Ordine dei Servi e la sua
spiritualità, da cui non si distaccherà più. Nel 1878 viene inviato, all’età
di 15 anni, al noviziato a Londra, avendo come compagno, tra gli altri, fra
Federico Sostegno Angelucci (1868-1937), scrittore,
musico e apostolo degli emigrati italiani negli Stati Uniti d’America. Emette
la professione semplice nel 1879 e i voti solenni tre anni dopo. Viene
ordinato sacerdote il 18 settembre 1885, sempre a Londra. Mandato a Roma per
perfezionarsi in filosofia e teologia presso la Pontificia Università di
Propaganda Fide (oggi Pontificia Università Urbaniana),
vi consegue brillantemente le due lauree, tra l’ammirazione e il plauso dei
suoi stessi professori, in particolare del cardinal Francesco Satolli, «il
quale salutò in lui il più compito tomista fra i suoi discepoli». Nel 1890 fa ritorno a Londra, dove ricopre la carica di
maestro dei novizi fino al 1892, quando, dopo essere stato promosso maestro
in sacra teologia il 7 novembre, il 29 dello stesso mese viene chiamato a
Roma da Leone XIII a occupare la cattedra di
teologia dogmatica dell’Università di Propaganda Fide (lasciata dal cardinal
Satolli), nella quale insegnerà per 21 anni consecutivi. Il frutto più
vistoso della sua docenza a Propaganda Fide sono i 25 volumi delle sue Institutiones Theologiae
dogmaticae ad textum S. Thomae. Contestualmente al suo affermarsi nella
docenza e nella pubblicistica teologica cominciano i primi incarichi da parte
della Curia romana, tra cui quello di visitatore apostolico delle diocesi di
Inghilterra e Scozia. Nel 1895 diviene il primo rettore del rinato Collegio
internazionale Sant’Alessio Falconieri presso San Nicola da Tolentino a Roma,
carica che mantiene fino a quando, nel 1913, dopo essere stato consul-tore e
procuratore generale, viene eletto priore generale dell’Ordine. Alla scadenza
del mandato, prorogato di un anno (fino al 1920) a causa della prima guerra
mondiale, riprende l’insegnamento presso il Collegio internazionale
Sant’Alessio e presso il Pontificio Collegio Beda,
collaborando nel frattempo attivamente alla redazione del Catechismus
catholicus del cardinal Gasparri, segretario di
Stato di Benedetto XV.
Nel 1923 viene nominato presidente della commissione istituita
dal papa per la ripresa e la conclusione del concilio Vaticano I, commissione
che si riunisce abitualmente nel convento di San Marcello al Corso e che ai
primi dell’anno successivo consegna a Benedetto XV
il rapporto conclusivo.
Il 22 maggio 1924 è consacrato arcivescovo titolare di Tarso e
nominato visitatore apostolico delle Indie Orientali, missione che si
protrarrà per diciannove mesi, fino al 1926, e nel corso della quale avrà
modo di visitare quaranta circoscrizioni ecclesiastiche, incontrando ovunque
migliaia di fedeli. Un anno dopo, nel 1927, è nominato visitatore in Eritrea
e Abissinia, dove è impegnato nei due mesi estivi. Di ritorno a Roma, nel
concistoro del 19 dicembre di quello stesso anno è creato cardinale del
titolo di Santa Susanna. Un mese dopo è nominato prefetto della Sacra
Congregazione dei Religiosi, incarico che ricoprirà quasi fino alla morte.
Nel 1929 è legato papale alle feste centenarie di santa Giovanna d’Arco a
Orléans, nel 1930 al Congresso eucaristico internazionale di Cartagine e nel 1935 al concilio regionale di Malta. Lascerà l’incarico di prefetto il 31 dicembre 1935, morendo il
20 maggio 1936 nella sua residenza di via Mercadante
ai Parioli, in Roma.
3. La sua
attività a servizio della Chiesa Gli incarichi a servizio della Chiesa da lui ricoperti – e in
parte già ricordati – furono quelli di visitatore apostolico, legato papale,
cardinale prefetto della Congregazione dei Religiosi, consultore di varie
Congregazioni pontificie, oltre che protettore di numerose famiglie
religiose, membro di commissioni, redattore di testi. Da cardinale non partecipò mai a un conclave per l’elezione
del papa, in quanto il suo cardinalato si è svolto tutto entro il pontificato
di Pio XI (1922-1939). Come già accennato, fu
consultore di varie Congregazioni: di quella del Sant’Uffizio, della
Concistoriale, di quelle di Propaganda Fide, dei Seminari e delle Università
degli Studi, delle Indulgenze e delle Sacre Reliquie, di quelle per la
Disciplina dei Sacramenti e delle Chiese Orientali. Per quanto riguarda le
commissioni pontificie, oltre alla già menzionata commissione per la conclusione
del Vaticano I, basta ricordare solo la Consulta per la Codificazione del
Diritto Canonico, presieduta da monsignor Pietro Gasparri, nella quale ha
svolto il De Indulgentiis, e la neocostituita Pontificia Commissione «De Re Biblica»,
antenata del Pontificio Istituto Biblico.
Quale visitatore apostolico in Inghilterra e Scozia ebbe come
segretario fra Alfonso Benetti, poi generale dei
Servi; in India fra Ildebrando Calvani;
in Eritrea ed Etiopia fra Raffaello Taucci. Da cardinale fu suo segretario il padre Anacleto Brasa, della
provincia di Romagna, che ricoprì l’incarico «con tatto, distinzione e una
devozione a tutta prova fino alla morte del suo venerato maestro». Da
arcivescovo abitava in un modesto appartamento del collegio Sant’Alessio
Falconieri, a San Nicola da Tolentino, mentre da cardinale dovette
trasferirsi nel più ampio e spazioso appartamento preparatogli in San
Giovanni in Laterano, comprendente la cappella, la sala del trono, la sua
stanza, quella di ricevimento, lo studio e gli alloggi per la famiglia
cardinalizia, composta dai frati dell’Ordine al suo servizio, oltre a due
altri ecclesiastici. Questo fino al 23 marzo 1931, quando si trasferì alla
nuova sede sul Gianicolo del collegio Sant’Alessio
Falconieri fino alla fine del mese. Dal 1° aprile è attestata la sua
presenza nella nuova residenza di via Mercadante
34, quartiere Parioli. Tra le decine di fotografie
a corredo dell’attività del cardinale, due ritraggono la famiglia
cardinalizia su una terrazza di San Giovanni in Laterano. In una si vedono:
il cardinale, padre Brasa, fra Paolino M. Lirussi e
fra Mariano M. Todero, della provincia Veneta, un
monsignore (il cerimoniere?) e un altro ecclesiastico; il cardinale è in
piedi, a lato della sedia cardinalizia, e seduti, per terra, i due frati
conversi. Nell’altra abbiamo sempre lo stesso luogo, ma da una diversa
prospettiva; si vedono gli stessi personaggi, ma qui il cardinale è seduto,
insieme con l’altro ecclesiastico, e tiene tra le mani una bianca colomba: è
sorridente e sembra divertito; gli altri quattro stanno in piedi, a
semicerchio dietro di lui. In entrambe le foto, che sembrano essere state
scattate lo stesso giorno, il cardinale veste l’abito servitano con sopra la
croce pettorale. Sullo sfondo si vede il campaniletto
del vecchio ospedale di San Giovanni, che sorge alle spalle della basilica
patriarcale. Poiché anche da cardinale il Lépicier
portava l’abito religioso, sia pure con i segni distintivi della dignità
cardinalizia, veniva chiamato il ‘cardinale nero. Per quanto riguarda i protettorati di famiglie religiose da
lui ricoperti, il fratello Augustin ne ha redatto
la lista, che ritengo abbastanza completa: si tratta di settantotto istituti
religiosi. Nell’AGOSM ci sono le nomine originali
di circa 20 protettorati, molti meno di quelli indicati dal fratello del
cardinale: si tratta, comunque, di un numero notevole.
3.1. Gli
incarichi ecclesiastici Per quanto riguarda gli incarichi ecclesiastici ricoperti dal Lépicier, possiamo raggrupparli sostanzialmente in
quattro tipologie. a) Visite apostoliche: - nel 1911 è nominato
visitatore in Inghilterra, con l’incarico di stabilire tre province
ecclesiastiche, in particolare Westminster, Liverpool e Birmingham; - nel 1912 è nominato visitatore delle diocesi della Scozia e,
di ritorno a Roma, è delegato apostolico della Scozia senza obbligo di residenza
in quel Paese, con l’incarico di seguire tutti gli avvenimenti connessi con
la religione e di essere mediatore tra la Chiesa di Scozia e la Santa Sede;
vi ritorna nel 1914 per completarvi la visita, che però deve interrompere per
lo scoppio della prima guerra mondiale; – nel 1924-26 è nominato visitatore nelle Indie Orientali; – nel 1927, diventato arcivescovo titolare di Tarso, è nominato visitatore in Etiopia-Eritrea: la visita dura due mesi.
b) Legazioni papali a latere: – nel 1929 a Orléans per le feste centenarie di santa Giovanna
d’Arco; – nel 1930 al Congresso eucaristico di Cartagine;
– nel 1935 a Malta per il primo concilio regionale.
c) Incarichi di
curia: a varie scadenze viene anche nominato, come detto, consultore di
diverse Congregazioni romane e membro di commissioni pontificie. Nel 1928,
qualche mese dopo essere stato creato cardinale, diviene prefetto della Sacra
Congregazione dei Religiosi. d) Congressi: nel 1934 è inviato a Portland (USA) per il primo Congresso mariologico internazionale d’America.
Si tratta di incarichi importanti e molto prestigiosi,
specialmente nel caso delle legazioni, durante le quali egli ‘impersona’ il
papa stesso, e insieme diversi tra loro per natura, gravosità, durata. Anche
i suoi biografi ne parlano con accenti diversi. Il Roschini
tratta con una certa diffusione delle visite apostoliche in Inghilterra e
Scozia e delle legazioni in India ed Etiopia, vale a dire della sua attività
a servizio della Santa Sede fino al 1927, prima della nomina a cardinale; le
missioni successive invece sono da lui solo elencate, per passare quindi a
descriverne la figura morale. Augustin Lépicier ricorda invece brevemente le visite apostoliche
degli anni precedenti la guerra e tratta più diffusamente degli incarichi
successivi. Due testimonianze, due prospettive differenti, che evidentemente
rispondono a due diverse sensibilità. Basandoci sui documenti d’archivio e prendendo come riferimento
le due testimonianze letterarie sopra ricordate, che in qualche modo si
completano, possiamo comporre il seguente quadro cronologico dell’attività a
servizio della Chiesa del cardinale Lépicier.
3.2. Quadro
cronologico
3.2.1. Primo
periodo (dal 1910/11 al 1914)
Il Lépicier viene incaricato di due
missioni, l’una in Inghilterra e l’altra in Scozia.
La prima missione dura cinque mesi, fine maggio-fine
ottobre 1911, e ha come base Londra, più precisamente il convento servitano
di Fulham Road. L’incarico gli è affidato
direttamente dal papa, nonostante la ‘piccola crisi’ nei rapporti tra i due,
provocata dal fatto che l’anno precedente il Lépicier
aveva accettato l’invito a partecipare al Congresso eucaristico
internazionale, celebrato a Montréal (Canada)
dall’8 al 12 settembre 1910 sotto la presidenza del cardinale Vincenzo Vannutelli, e lì il giorno 8 aveva parlato su «Relazioni
tra Maria santissima e il santissimo Sacramento». Il viaggio gli era stato
finanziato dai suoi ex-allievi canadesi di Propaganda Fide, che intendevano
così sdebitarsi con il ‘maestro’ di teologia e di vita religiosa e
ringraziarlo per quanto aveva loro insegnato. Il Lépicier
però non aveva preventivamente avvertito la Santa Sede, in particolare il papa.
Pio X se ne ricordò e, fosse dovuto al clima di antimodernismo allora
imperante o all’effettiva necessità di avere il Lépicier
sempre a disposizione, quando nel 1911 la Segreteria di Stato decise che il
religioso sarebbe stato il delegato apostolico in Canada, il papa si oppose
e nominò invece il padre Pellegrino Stagni, allora arcivescovo dell’Aquila.
Diversamente dal Roschini, il fratello Augustin afferma che il papa si oppose alla nomina
perché, rimanendo a Roma, il padre Alexis avrebbe reso servizi ancora più
grandi alla Santa Sede. Il secondo è più sfumato, dato anche il legame di
parentela tra lo scrittore e il personaggio in questione; in definitiva,
però, le due interpretazioni non si contraddicono affatto e possono
benissimo coesistere con la spiegazione che ne ha dato l’interessato stesso.
Sono in grado di produrre, comunicatimi dall’archivista Odir Dias, due documenti inediti,
non protocollati e perciò non conservati neppure in Segreteria di Stato, che
dicono chiaramente la considerazione di Pio X per il Lépicier.
Si riferiscono entrambi al dicembre 1910: si tratta di una lettera e di un
biglietto, autografi del papa, per il padre Lépicier,
nei quali chiede una collaborazione nell’affaire «Roma e l’Oriente»,
scrivendo una confutazione dell’articolo Pensieri sulla questione
dell’Unione delle Chiese apparso sulla rivista dei monaci Basiliani di Grottaferrata;
confutazione che, stesa in forma di lettera, il papa desidera inviare ai
delegati apostolici in Oriente. Ecco il testo integrale dei due documenti. a.1.
Lettera di papa Pio X:
Riservata Molto Reverendo Padre, So che Ella ha visto e
rilevato il cumulo di errori dogmatici e storici e le mille inesattezze del
deplorabile articolo Pensées sur la question de l’Union des Églises,
comparso nel primo numero del periodico «Roma e l’Oriente», che si stampa a Grottaferrata. Se fu dolorosa l’impressione lasciata da
questa pubblicazione in tutti che la lessero, si immagini il danno gravissimo
che farà nell’Oriente e specialmente fra gli scismatici. Ora, per attenuare
in qualche modo le funeste conseguenze, io credo di dover pubblicare al più
presto una confutazione del deplorabile guazzabuglio, raccomandando ai
cattolici di mantenersi saldi nella fede. Per questo ricorro a Lei, perché
Ella abbia la bontà di estendere (meglio forse di tutti) una lettera, che io
dirigerei ai vari Delegati Apostolici dell’Oriente: lettera in cui: 1° fossero
accentuati gli errori, 2° venisse deplorata la pubblicazione e 3° ritorte le
calunniose imputazioni fatte alla Chiesa. Dirigendo la lettera ai Delegati,
si potrà estenderla in latino. Però Ella è libero di scrivere come meglio Le
piace in latino, italiano, francese, e io poi la farò tradurre. Per questo
che mi riprometto dalla sua carità, Le anticipo i ringraziamenti,
confermandomi suo affezionatissimo, obbligatissimo
Pius Papa X Li 15
dicembre 1910
Al Molto
Reverendo Padre Alessio Lépicier Rettore del
Collegio dei Servi di Maria. Come si può ben vedere, il papa si mette nelle mani del Lépicier e, pur non rinunciando a fornirgli indicazioni
circa il contenuto della lettera, gli dà praticamente carta bianca sulla
forma e sulla lingua. Non solo, ma nel saluto finale manifesta tutta la sua
affezione al frate.
a.2. Biglietto di
accompagnamento:
Al Reverendo
Padre Alessio Lépicier, Rettore del Collegio S.
Alessio Falconieri, Via S. Nicola da Tolentino, 31 Perché abbia la bontà di leggere la lettera e rimettermela
colle sue osservazioni, onde possa licenziarla per la stampa e spedirla al
più presto ai Reverendissimi Delegati Apostolici; e mi confermo suo
affezionatissimo
Pius Papa X Li 22 dicembre 1910
Entrambi i documenti si prestano a molte considerazioni, non
ultima quella che il papa ha anche una sua ‘attività’ per così dire ‘privata’,
per la quale scavalca letteralmente le normali vie delle segreterie vaticane,
come vedremo più avanti anche con Benedetto XV.
Comunque, senza addentrarci in discorsi che ci porterebbero lontano, rilevo
come il tono del papa appaia preoccupato, ma anche categorico circa
l’articolo incriminato, e quasi supplichevole nei confronti del Lépicier, oltre che deferente. Da notare il breve tempo
intercorso tra i due scritti papali, che attestano la rapidità con cui il Lépicier ha esaudito il desiderio di Pio X: solo una
settimana! La lettera, «qua vulgatum scriptum quoddam reprobatur circa quaestiones de Ecclesiis ad Catholicam unitatem revocandis», intitolata Ex quo nono, del 26
dicembre 1910, fu inviata ai delegati apostolici dell’Oriente, vale a dire
di Bisanzio (Istanbul), Grecia, Egitto, Mesopotamia, Persia
(Iran), Siria e Indie Orientali. Pubblicata negli «Acta
Apostolicae Sedis» del
1911, volume III, gran parte del suo contenuto è
stato poi ripreso dall’ Enchiridion symbolorum, definitionum et declarationum. La
rinuncia del Lépicier al Canada è stata comunque
oltremodo ricompensata.
La seconda missione gli venne affidata dalla
Congregazione Concistoriale (ex-Congregazione del Concilio [di Trento], ora
Congregazione dei Vescovi), che lo nominò visitatore apostolico delle
diocesi della Scozia. Raggiunta Londra l’8 luglio 1912 e partito per Edimburgo
il giorno successivo, vi si trattenne durante l’estate. Ritornato a Roma, fu
nominato dalla stessa Sacra Congregazione delegato apostolico per la Scozia,
senza obbligo di residenza. L’anno successivo (1913) venne eletto priore generale
dell’Ordine. Nel 1914, in estate, riprese la via della Scozia, ma alla fine
di agosto dovette rientrare fortunosamente a Roma a causa dello scoppio della
prima guerra mondiale.
3.2.2. Secondo
periodo (dal 1914 al 1923) Buona parte di questo periodo vede il Lépicier
impegnato come priore generale (1913-1920): si occuperà della guida
dell’Ordine in mezzo alla tempesta della prima guerra mondiale. Neppure in
questo tragico frangente rinuncerà però a viaggiare. Infatti, tra il 1914 e
il 1915 è a Monte Senario; poi a Torino (capitolo provinciale), quindi negli
USA e in Canada (3 agosto-16 novembre 1915). Nel 1917 è a Siena e poi a
Torino, nel 1918 a Monte Senario, nel 1919 in Inghilterra e poi di nuovo
negli Stati Uniti. In seguito passa in Belgio, quindi a Parigi. Un viaggiare
che ha del prodigioso, dati i tempi di guerra e i trasporti non sempre
garantiti.
Di questo periodo riporto solo un documento che riguarda i
suoi rapporti con la Santa Sede, in particolare con Benedetto XV (19141922). È una lettera inedita, non protocollata,
inviata direttamente dal papa al padre Lépicier,
molto interessante per comprendere meglio anche alcuni aspetti del governo
centrale della Chiesa.
b.1. Lettera di papa Benedetto XV:
Reverendo Padre generale, questa sera ho avuto un lungo
colloquio col vescovo di Arezzo. Tutto l’equivoco sta nel giudizio che mons.
Volpi fa di tutto l’insieme dell’operato dei Servi di Maria, credendoli rei
di «connivenza nella ribellione del suo clero». Ora credo facile dimostrare
infondato un tale giudizio, perché il solo reo di tale connivenza potrebbe
essere il p. curato di S. Pier Piccolo, non tutto l’Ordine. Perciò prego Lei
di recarsi domattina, circa alle nove antimeridiane, a visitare mons. Volpi,
ospite dei pp. Domenicani alla Minerva, e mi pare che Ella potrebbe offrire
di scrivergli una lettera per dichiarare che «con dispiacere ho appreso essersi
da alcuni malinformati accusato l’Ordine dei Servi di Maria, e specialmente
i Serviti di Arezzo, di connivenza nella ribellione del clero aretino al suo
vescovo, e che, respingendo l’accusa, dichiara che avrebbe riprovato
qualunque suo suddito, il quale si fosse reso reo di tale connivenza». Una
tale lettera non dovrebbe essere pubblicata, ma mons. vescovo potrebbe darne
notizia al suo clero adunato pel caso morale, per dirsi lieto di veder
dissipata la nube, ecc. Io non voglio credere che a comporre così piccola
divergenza si debba faticare più che ad impedire la guerra fra l’Austria e
l’Italia. Il Signore ci benedica tutti! Suo affezionatissimo
Benedictus Papa XV Dal Vaticano, 11 maggio 1915. [sulla busta:] Reverendissimo P. Alessio Maria Lépicier Priore generale dell’Ordine dei Servi di Maria
Piazza S. Nicola da Tolentino, 31. Anche qui, al di là delle cose dette, molto interessanti,
merita richiamare l’attenzione solo sulla frase finale del papa, che con un
giudizio lapidario e ironico allo stesso tempo (e Benedetto XV godeva di questa ironia) coglie bene la situazione
che è chiamato a risolvere: è più facile mettere d’accordo due grandi Stati,
l’Austria imperiale e l’Italia unitaria, a non farsi guerra, che risolvere
le beghe tra vescovi e frati.
3.2.3. Terzo
periodo (dal 1924 al 1935)
È il periodo più importante dell’attività del Lépicier a servizio della Santa Sede, con viaggi molto
impegnativi, ma anche gratificanti. In questi anni diviene arcivescovo e
successivamente è elevato alla dignità cardinalizia e nominato prefetto di
Congregazione; anche se l’apice della promozione lo raggiungerà solo nel
1928, vale a dire a otto anni dalla morte.
Stando alla narrazione di Augustin Lépicier, il 1929 (che vede il fratello in Francia come
legato papale per le feste centenarie di santa Giovanna d’Arco) sarebbe stato
l’apice della sua ‘carriera’, mentre in seguito sarà anche importante la sua
partecipazione alle celebrazioni del settimo centenario dell’Ordine nel 1933,
a Monte Senario e a Firenze.
Di questo periodo il Roschini elenca
solamente le tre legazioni, perché – sembrerebbe di capire – esse «sono
state ampiamente narrate in tre opuscoli distinti, dati alle stampe», e
pertanto già conosciute.
Qui voglio soffermarmi solo su due suoi incarichi, riguardanti
gli anni 1929-1930: il centenario
di Montecassino: il 13 novembre 1929 è a Montecassino, dove presiede le
celebrazioni del 1400° anniversario della fondazione del monastero. Abbiamo
l’opuscolo a stampa [in alto, al centro: PAX] Laudes
Hincmari [di Reims] in exitu
ab Archicoenobio condito MCCCC, Cardinalis A.M. Lépicier praesentia decorante, idibus novembris MCMXXIX. Nelle invocazioni dei santi, oltre al
patriarca dei monaci Benedetto e alla sorella Scolastica, è incluso anche
Filippo Benizi. la legazione a Cartagine:
il 12 aprile 1930 è nominato dalla Segreteria di Stato legato a latere al
Congresso eucaristico internazionale di Cartagine,
che ha luogo dal 7 al 13 maggio. Dell’evento abbiamo una cartella con il
materiale raccolto dallo stesso Lépicier e rimasto
fino a oggi inesplorato, che ci documenta dell’intensa attività da lui svolta
per l’occasione e della sua grande popolarità. Tra le foto del cardinale
legato a Cartagine, una reca dietro la scritta:
«Gruppo di Padri Bianchi con il Cardinal Legato, Cartagine,
11 maggio 1930»; in essa il cardinale veste il mantello bianco dei padri
sopra le vesti cardinalizie. Un’altra reca la scritta: «Solenne Pontificale
del Cardinal Legato, Cartagine, 11 maggio 1930»; il
cardinale Lépicier è ritratto seduto in trono, con
gli abiti pontificali: sul fondo del trono c’è lo stemma papale. Di questa missione, come del resto di tutti gli altri
incarichi come visitatore e legato, al ritorno a Roma egli si affretta a fare
relazione al papa.
4. Lépicier, cardinale prefetto e frate Vorrei soffermarmi ora su questi due aspetti particolari della
figura del cardinale Lépicier, inserendoli
all’interno del quadro finora deli-neato e nello stesso tempo isolandoli e
dando loro specifico spessore.
4.1. Il
cardinale prefetto Mi si scuserà se a questo proposito non darò luogo ad
espressioni di esaltazione, anche perché, pur esistendo di questo periodo
molta documentazione, è tuttavia pur sempre ‘esterna’, mentre per conoscere
meglio l’attività di prefetto del Lépicier
bisognerebbe osservarlo dall’interno della Congregazione che ha presieduto. È
però uno dei compiti dello storico reperire documentazione inedita, per cui
mi soffermerò su un documento non conosciuto, sempre tratto dall’AGOSM, e che trascrivo integralmente. Si tratta di un promemoria
sorprendente del cardinale, redatto probabilmente un mese o due prima di
morire, sicuramente dopo il 31 dicembre 1935, giorno delle sue dimissioni da
prefetto della Congregazione. Sorprendente, perché ci presenta il Lépicier sotto una luce assai diversa da quella che
risulta dalle altre sue carte e dalle biografie correnti:
Breve relazione
delle cose avvenute (dicembre [1935]-gennaio 1936) in relazione alle
dimissioni date dal cardinal Lépicier, dall’ufficio
di Prefetto della S. Congregazione de’ Religiosi. In nomine Domini. Amen.
Avendo il fatto che il card. Lépicier, a dì 31
dicembre 1935, rassegnò nelle mani del Santo Padre l’ufficio di Prefetto
della S.C. dei Religiosi, destato delle controversie, ed avendo pur dato origine
a falsi rapporti, lo scrivente, card. Lépicier, ha
creduto bene di stendere, per la verità storica, la seguente autentica
relazione. Veramente, è con molta riluttanza che io scriverò, essendo che mi
vedo così costretto a rievocare scene dolorosissime e tali da eccitar in me
una nausea continua, la quale pur mi ha qualche volta impedito di celebrare
la santa Messa. In questo però mi viene un gran timore, quello cioè di non
perdonare di tutto cuore, come prescrive nostro Signore, e come desidero di
fare pienamente: onde se la verità della relazione mi costringe a
manifestare qualche pecca o ingiustizia altrui, ciò non toglie che gli
perdoni di tutto cuore. Fu un giorno per me tristissimo il 15 dicembre
1928 quando, essendo al Sant’Ufficio, mi si avvicinò il card. Gasparri
Pietro, Segretario di Stato, per dirmi che il S. Padre mi aveva nominato
Prefetto della S. Congregazione dei Religiosi, posto occupato fino allora
dal card. Laurenti. Avvezzo ad ubbidire ai voleri
del papa, non opposi resistenza, tuttoché mi gettasse una tale nomina in un
mare di apprensioni, che mi fecero cader malato per un paio di giorni. Ed
erano purtroppo giustificate queste apprensioni. Prima di tutto, la natura
dell’ufficio assai ingrato, il quale, per la maggior parte consisteva nel
conceder rescritti di dispense, di traslochi di religiosi o religiose, di
relazioni di capitoli, di rettifiche di elezioni, di sanazione
di noviziati o professioni invalide, di dispense e querele di inferiori
contro i superiori, di ricorsi di vescovi o altri, di questioni di
interessi, ecc., ecc., tutta roba materiale e, direi quasi, di bottega.
Non saprei dire quanto gravosa era per me questa mancanza di indirizzo di
spiritualità nei rapporti della Congregazione con i singoli Ordini
religiosi. Venendomi a trovare i superiori o le superiore generali, non
mancava di inculcare la necessità di fomentare, specialmente nelle congregazioni
insegnanti, questo spirito soprannaturale; ma in questo non ero coadiuvato,
specialmente dal segretario, come avrei dovuto essere. Anzi, penosissimi mi
riuscivano i rapporti con questo segretario, per la mancanza di spirito
soprannaturale e specialmente per la facilità di denigrare persone
ecclesiastiche anche altolocate, uscendo spesso in espressioni anche
scandalose. Per ben sette anni dovetti subire la convivenza di questo
prelato, finché gli venne la nomina a cardinale. Allora non si contenne più
e, nonostante proteste di riconoscenza e di affetto, andò macchinando per
diventare egli il prefetto della S.C. dei Religiosi. E ci riuscì, ma dopo
molti raggiri. Il papa però non ne volle sapere di mettermi in disparte, che
anzi mi confermò ripetutamente in quell’ufficio, stabilendo che l’antico
segretario diventasse pro-prefetto, il quale ufficio, come ebbe a dichiarare
il papa stesso, equivarrebbe ad essere come un vicario generale. Ma, invece
di ciò, l’antico segretario incominciò a farla da assoluto padrone, dicendo
apertamente che era lui il prefetto e disponendo le cose della Congregazione
indipendentemente da me. Specialmente poi fece rimuovere dall’ufficio di
sottosegretario mons. Caiazzo e nominare, a suo
posto, alla mia insaputa, una sua creatura, per nome Padovani. In presenza a
tanti soprusi, non potei rimaner zitto: ne feci lagnanza al card. Pacelli,
avvisando in pari tempo gli ufficiali della Congregazione, che continuavano a
dipendere da me come prima. Ma, doloroso a dirsi, queste giuste
rappresentazioni furono deturpate dal loro senso da chi aveva l’utilità di
farlo. Si fece credere al papa che io non volessi ilpro-prefetto
e il papa, senza voler sentirmi, credette
ciecamente a queste accuse. La verità era che l’antico segretario, ora
cardinale, non voleva essere secondo e sottomesso al prefetto: egli stesso
non voleva essere pro-prefetto, bensì prefetto. Fintantoché l’appoggio del
cardinal prefetto gli fu utile, furono proteste di sottomissione, di
illimitata fiducia, di profondo affetto. Ma, ora che non aveva più bisogno
del card. prefetto, volendo egli diventarlo, era opportuno, anzi necessario,
disfarsene. E riuscì il brutto gi(u)oco. Oh! Che
brutti giorni mi è toccato vivere! Sembrava che si fosse scatenato
l’inferno! E pensareche queste bruttissime mene
abbiano a svilupparsi in seno alla santa Chiesa! Per giorni e notti mi
appariva il brut-to tiro come una esalazione diabolica. E tuttavia, bisogna
perdonare, che così ha comandato Gesù, e perdonare di tutto cuore. Ed io voglio
perdonare, o dolce Signore, come voi avete perdonato dalla croce. Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt!
È uno scritto
assai breve, una pagina e mezzo, che si presta a molte considerazioni, dato
che dove si trova il Lépicier c’è sempre anche un
certo numero di alti personaggi, qui addirittura il papa Pio XI, il cardinal Pietro Gasparri, suo primo segretario di
Stato, il cardinal Eugenio Pacelli, alla data dello scritto nuovo segretario
di Stato, il cardinal Vincenzo Lapuma, i monsignori
Caiazzo e Padovani, e altri. A quanto è dato di
capire, si tratta di una umana lotta per il potere, relativa
all’avvicendamento ai vertici della Congregazione dei Religiosi. Cosa,
questa, non nuova, ma che nel caso in questione ha provocato il risentimento
del titolare, perché un suo segretario è diventato, per vari motivi che non
conosciamo, dapprima (16 dicembre 1935) cardinale e poi suo successore
designato (con il titolo di pro-prefetto) nel suo stesso dicastero. Iter che
del resto lo stesso Lépicier mette bene in evidenza
in tutto lo scritto, ma soprattutto quando dice che «queste bruttissime mene
abbiano a svilupparsi in seno alla santa Chiesa!», confermando così,
ovviamente senza volerlo, quanto sopra ipotizzato.
Questo l’evento che ha prodotto il documento, che tuttavia
rimane una testimonianza di parte, nel senso che esso è raccontato dal punto
di vista del cardinale Lépicier, che vi appare come
fedele servitore della Chiesa, trattato ingiustamente e vittima
dell’ambizione altrui, in particolare di quella del cardinal Lapuma, davanti al quale ha dovuto soccombere; ma non vi
si dice nulla circa le sue modalità di conduzione della Congregazione, le sue
condizioni di salute (si avvicinava ai 73 anni di età), le sue continue
assenze da Roma: cose tutte che, allora, possono aver innescato la volontà di
sostituirlo, e che oggi ci permetterebbero di ricostruire gli avvenimenti con
maggiore imparzialità. In questo quadro mi sembra di poter affermare che la
‘costrizione’ alle dimissioni gli faccia guardare indietro e giudicare
negativamente l’esperienza di sette anni come prefetto del dicastero romano,
per cui ciò che vi ha trattato è solo «roba materiale», quasi «di bottega»,
mentre egli aveva una visione tutta spirituale di quelle cose: giudizio,
questo, oltremodo severo su tutto ciò che ha detto e fatto in quell’ufficio;
probabilmente tanto più amaro quanto grande è stata la rinuncia che il Lépicier è stato costretto a fare. È doveroso però precisare che le dimissioni da prefetto non
gli sono state chieste né dal papa, né dal segretario di Stato, né dallo
stesso cardinal Lapuma: le ha date di sua spontanea
volontà, poiché non accettava la soluzione adottata da Pio XI, che cioè egli rimanesse prefetto titolare con il
cardinal Lapuma pro-prefetto, designato a
succedergli quando l’età avanzata l’avesse reso necessario. In questo il promemoria
concorda con l’ultimo biglietto del segretario di Stato, cardinal
Pacelli: è stato il Lépicier a voler andarsene, con
dispiacere del papa!
Ecco, dunque, per sommi capi la situazione alla fine del 1935.
Mentre in pubblico il cardinale veniva acclamato ed esaltato, in casa, cioè
in Congregazione, aveva un nemico ben individuato, del quale peraltro non fa
mai il nome, ma che è definito ora «il segretario», ora «questo segretario».
Questo è quanto il cardinale afferma: tutto molto chiaro, tutto molto ben
definito. In ogni caso, bisognerebbe vagliare tutte le circostanze e sentire
anche altre testimonianze per poter dire come sono andate effettivamente le
cose, anche se il senso generale di esse è sufficientemente chiaro. Sulla stessa linea la Cronaca del Collegio
internazionale Sant’Alessio Falconieri, a firma del padre Raffaello M. Taucci. Alla data del 20 maggio 1936, il cronista,
riportando la notizia della morte del Lépicier,
afferma tra l’altro: In questo giorno morì sua Eminenza il card. Alessio M. Lépicier nella sua residenza di via Mercadante
34; era incominciato ad ammalarsi nel mese di gennaio, dopo che per varie e
penose ragioni aveva dato le dimissioni da prefetto della S. Congregazione
dei Religiosi, ma usciva tuttavia, e più
o meno uscì fino
a circa due settimane prima di morire; continuò anche a venire qui [cioè al
Collegio] per la scuola fino a Pasqua. Ma le sue forze andavano sempre
deperendo per una anemia perniciosa che si andava sempre aggravando, anche
perché pochissimo si nutriva. Lo curava il dott. Escalar
e il prof. Dilani, ricevé tutti i sacramenti in perfetta conoscenza, e, dopo
aver ricevuto l’assoluzione generale dell’Ordine, datagli dal priore generale
[padre Austin Moore (1932-1938)], assistito da lui, morì la sera del 20
maggio, alle ore 22,30 di sera. Come si vede, anche il padre Taucci
mette in relazione la sua morte con la cessazione dall’incarico di prefetto.
E non c’è motivo di dubitarne! In ogni caso, il promemoria prodotto
modifica le affermazioni del Roschini circa il
sereno tramonto del cardinale Lépicier: non di un
tramonto del tutto sereno si deve parlare, ma di un tramonto alquanto
intristito e perfino velato dal risentimento.
4.2. Il frate Anche per ricordarne la figura di Servo di Maria credo utile
ricorrere a un inedito, questa volta non suo, ma del priore di Pietralba: si tratta del discorso gratulatorio
pronunciato in occasione della festa del 50° di professione religiosa del Lépicier, celebrata a Pietralba
il 15 agosto 1929:
Eminenza! Alcuni
mesi fa ebbi la fortuna di partecipare in Roma alla festa del cinquantesimo
di sua professione religiosa. Mi fu dato di essere testimonio come la Chiesa
universale le tributò in quella occasione solenne la sua venerazione e la sua
riconoscenza. Il Santo Padre la onorò di un elogio autografo. Vescovi di
tutte le parti del mondo, ambasciatori accreditati presso la S. Sede e un
innumerevole stuolo di superiori di Ordini religiosi, di antichi compagni
nell’insegnamento, di antichi discepoli e un sempre crescente numero di
ammiratori – riempirono la nostra magnifica basilica di S. Marcello – quando
lei, Eminenza reverendissima, salì l’altare per offrire all’Altissimo il
sacrificio di ringraziamento. Più numerosa di ogni altra, e molto più
partecipante, fu la rappresentanza del nostro santo Ordine. Un centinaio di
confratelli circondava il santo altare e ringraziava con lei il buon Dio
dell’abbondanza di grazie di cui ella, Eminenza, fu prosperata in questi cinquant’anni,
e che tornò, in misura sempre crescente, ad onore del suo amatissimo Ordine.
Oggi la salutiamo nello splendore della porpora come autorità suprema di
tutti gli Ordini religiosi di santa madre Chiesa. Tutti i conventi del nostro
santo Ordine la felicitarono in quell’occasione col massimo trasporto –
pochi però, anzi forse nessuno – con tanto entusiasmo quanto Pietralba. Tutti i cinquant’anni di sua vita religiosa,
Eminenza, sono improntati alla venerazione della Madonna Santissima, e ella
stessa ha detto ripetutamente che fra tutti i santuari mariani che ella ha
avuto la fortuna di visitare in diverse parti del mondo, nessuno le è più
caro di Pietralba. Da più di trentacinque anni lei
viene qui per onorarvi la Piena di Grazia e per trovarvi quello che tutti
veniamo a cercare, cioè consolazione, luce e forza per le aspre battaglie
della vita. Con riferenza alla predilezione che sua
Eminenza ha per Pietralba, il reverendo padre
priore e con lui tutta la comunità hanno creduto di poter rievocare le feste
romane del suo cinquantesimo di professione religiosa, per farle rivivere in
una misura più modesta in questo sacro luogo e in questo giorno solenne. E
difatti sarebbe ben difficile scegliere in tutto l’anno ecclesiastico un
giorno più adatto per festeggiare il suo giubileo, che il giorno dell’Assunzione della beata Vergine Maria. In questo
giorno i nostri santi Fondatori furono chiamati da Maria alla fondazione del
nostro santo Ordine; in questo giorno vide la luce san Filippo Benizi, il futuro grande propagatore della nuova
fondazione; e infine, Eminenza, il mistero di oggi è già per sé stesso così
elevato, così bello, che a mala pena potremmo trovarne un altro più adatto
per festeggiare le sue nozze d’oro. In questo mistero tutta la teologia mariana
trova il suo compimento e in esso è radicata l’ultima ragione della
intercessione potentissima di Maria presso il trono del suo divin Figlio. In questo mistero la Madre di Dio festeggia
il suo giubileo eterno e nella luce di questo mistero la sua corona d’oro ci
apparisce, Eminenza reverendissima, in uno splendore del tutto singolare. Il
mondo cattolico tutto intero la onora come uno dei suoi più eminenti teologi
e, non per ultimo, a ragione dei suoi scritti sopra la Madre di Dio pieni di
pietà, di sapienza e unzione. Noi ci appelliamo ai suoi meriti verso la
Madonna Santissima per invocare un raggio della Sua gloria eterna sulla sua
eminentissima persona e non abbiamo trovato un giorno più indicato per
rievocare il suo giubileo, non ancora tramontato, che il giorno dell’Assunzione
di Maria Santissima. La presente solenne funzione è, nella nostra mente, un
sacrificio di ringraziamento per tutte le grazie a lei concesse e nello
stesso tempo una glorificazione specialmente bella della Sua amatissima Madre
celeste. Per più di cinquant’anni a lei avete servito nelle nere gramaglie
dei suoi Servi. Che l’Altissimo le conceda ancora molti anni pieni di
benedizioni, a gioia dei suoi fratelli, per l’onore della santa Chiesa e per
la glorificazione della nostra amata Regina Addolorata. Questo è l’augurio,
Eminenza reverendissima, che il celebrante sta per portare all’altare a nome
del convento di Pietralba e di tutti i fedeli qui
presenti. Ad multos annos.
Il linguaggio con cui si esprime il priore è certamente tipico
dell’epoca, ma è dovuto anche all’entusiasmo per
il giubileo di così ragguardevole personaggio. Tuttavia, messi a confronto i
due inediti, quanta diversità del secondo dallo scritto precedente!
Voglio comunque chiudere questo paragrafo con una citazione
festosa perché, al di là delle debolezze umane, il cardinale Lépicier è stato un grande uomo al servizio della Chiesa,
per di più in tempi non certo facili. E anche se oggi le sue opere, cui si fa
cenno nel discorso, sono quasi del tutto dimenticate perché appartenenti a
un’epoca storica ben definita della teologia, anche solo il fatto che di
esse si ricordino il Tractatus de
beatissima Virgine e quattro paragrafi di una
lettera apostolica di Pio X circa il ritorno delle Chiese dell’Oriente all’unità
della Chiesa cattolica (paragrafi in realtà, come abbiamo visto, redatti dal Lépicier, inseriti dal Denzinger
nel suo celebre Enchiridion symbolorum), per cui è entrato di diritto nella
storia della mariologia e nella storia della teologia dogmatica, può giustificare
la frase, invero un po’ retorica ed enfatica, del priore di Pietralba: «Il mondo cattolico tutto intero la onora come
uno dei suoi più eminenti teologi e, non per ultimo, a ragione dei suoi
scritti sopra la Madre di Dio, pieni di pietà, di sapienza e unzione». Altri teologi, e forse più eminenti, sono venuti dopo di lui; ma il Lépicier resta comunque una tappa importante nello svolgersi continuo della costruzione della Chiesa di Cristo, semper perficienda e semper renovanda.
5. Conclusione
Dando anche solo uno sguardo all’elenco degli incarichi
ricevuti dalla Santa Sede e dopo queste brevi note, possiamo renderci conto
di come, studiando il Lépicier, ci troviamo di
fronte a una personalità notevole, che costituisce un vero ganglio vitale,
un passaggio obbligato nello sviluppo e nella storia dell’Ordine. Non c’è
praticamente questione dell’Ordine nella quale egli non sia implicato e dove
non abbia lasciato traccia.
Come ben ha dimostrato Vicente Lorente Pérez nella sua relazione,
con il Lépicier giungeva al vertice dell’Ordine un
frate francese, frutto dell’arrivo dei Servi di Maria londinesi in Francia
durante l’ultimo trentennio dell’Ottocento; essi, a loro volta, erano sorti
dallo stabilirsi in territorio inglese di frati italiani che volevano reagire
allo stato di dissolvimento dell’Ordine in Italia, causato dalle continue
soppressioni di conventi durante tutto il secolo diciannovesimo.
Nella seconda metà dell’Ottocento il centro propulsore dell’espansione
dell’Ordine è costituito proprio dalle fondazioni inglesi. È da Londra che i
Servi di Maria raggiungono gli Stati Uniti d’America (1870) e la Francia
(1877): in un momento di crisi delle fondazioni italiane, le allora recenti
fondazioni inglesi fanno da ponte verso il futuro dell’Ordine, quasi
trampolino di lancio verso nuove avventure, questa volta non più solo in
Italia, ma nel mondo intero.
Escluso il tirolese Albuin Patscheider, che appartiene alla storia precedente, con
l’elezione a priore generale del Lépicier inizierà
la consuetudine – ripresa dapprima solo con l’inglese Moore, ma mai più
abbandonata dal 1965 in poi – di chiamare alla suprema carica dell’Ordine un
frate proveniente da una fondazione nuova o, comunque, più recente rispetto
alle antiche giurisdizioni italiane.
Anche solo dallo scarno elenco degli incarichi ricoperti dal Lépicier che si evince dalla cartella conservata all’AGOSM possiamo ricavare informazioni preziose. Un primo elemento che balza evidente agli occhi è che è stato
a servizio della Santa Sede in un arco di tempo di ben 44 anni. Una seconda osservazione è che in Congregazione dei Religiosi
non ha avuto solo l’incarico di prefetto, ma in precedenza era stato anche
consultore e membro di commissione: con la sua nomina, insomma, non è stato
scelto un ‘estraneo’, ma uno che, in qualche modo, conosceva già il dicastero
vaticano. Lo stesso si può dire per gli incarichi di visitatore o legato: è
stato scelto in quanto già membro della Congregazione nominante o perché
esperto del settore di competenza della Congregazione stessa.
In tutto questo deve averlo aiutato molto anche il fatto di
parlare parecchie lingue: latino, italiano, francese, inglese, tedesco.
Sembra inoltre di capire che l’inizio di tutta la sua fortunata ‘carriera’
presso la Santa Sede sia stato il suo ingresso in Propaganda Fide (allora
ancora Collegio Urbano): infatti Propaganda non si sarebbe mai più
dimenticata di lui.
Dai numerosissimi incarichi da lui ricoperti per la Santa Sede
si deduce anche la sua assoluta fedeltà alla dottrina cattolica. Come teologo
è stato un sostenitore convinto del neotomismo. Anche la sua fede
antimodernista è fuori discussione, al punto che fu scelto come membro del
consiglio di vigilanza antimodernista della diocesi di Roma, censore per le
opere da pubblicare, revisore del Catechismo del Gasparri ecc. Vive
dunque nel pieno rispetto della linea della Santa Sede, senza mai
discostarsene, anche se è plausibile che abbia messo nella sua azione quella
caratteristica spirituale e ascetica che gli viene riconosciuta da tutti.
Questa sua simbiosi con la corrente antimodernista, però, ha
segnato per lui anche una battuta d’arresto durante il pontificato di
Benedetto XV: pur non emarginandolo, il papa non lo
ha gratificato di grandi nomine nella Curia romana. Infatti si può constatare
che dall’estate del 1914 alla primavera del 1924 egli è solo membro di
accademie pontificie e collegi teologici: la sola che lo chiama a far parte
della commissione per le relazioni dei vescovi di Francia è la Congregazione
Concistoriale. Per la verità, in questo periodo il Lépicier
è priore generale dell’Ordine e in più la prima guerra mondiale concentrava
le attenzioni su problemi ben più gravi. Tuttavia, sembra di poter dire che
con papa Benedetto XV il Lépicier
non abbia goduto di particolari privilegi.
Alla fine della vita del Lépicier compare
il cardinal Pacelli, segretario di Stato di Pio XI
dal 1932, con il compito di comunicargli l’accettazione papale delle
dimissioni da prefetto della Congregazione dei Religiosi, da lui date lo
stesso giorno, e i ringraziamenti del papa per il dono della sua ultima opera
scientifica.
Ricordo infine che il Lépicier è
sempre rimasto legato al Collegio internazionale Sant’Alessio Falconieri: dal
1895 al 1936 le due realtà camminano insieme e formano quasi un’unità
inscindibile, come se mai il Lépicier se ne fosse
allontanato. Inoltre, al di là di tutto, egli è sempre rimasto un professore:
insieme al suo essere frate e sacerdote, è stata questa la sua unica e vera
passione e attività, con la quale ha accompagnato l’Ordine dei Servi di Maria
alle soglie della Facoltà Teologica «Marianum»,
indirettamente suo frutto.
In ogni caso, e qualunque sia il giudizio che si può dare
della sua persona e del suo operato, per il momento è l’ultimo cardinale
appartenente all’Ordine: con lui infatti si chiude la non lunga serie di cardinali
Servi di Maria, che comprende il cardinale Dionisio Laurerio
(1497-1542), il cardinale Stefano Bonucci
(1520-1589), il cardinale Pietro Maria Pieri
(1676-1743), il cardinale Carlo Francesco Caselli (1740-1828) e il Lépicier appunto. Con essi il Lépicier
ha in comune il fatto di aver ricoperto l’incarico di priore generale
dell’Ordine prima di essere elevato alla dignità cardinalizia.
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