P. Albarelli:

I primi conflitti e la loro ripercussione

Da: La Storia dei Servi di Maria in America Latina

di Dilermando M. Ramos Vieira

 

Una parentesi dev’essere aperta sulla storia della Chiesa in Brasile, a causa di un’altra istituzione: la Massoneria. Infiltratasi nel paese sin dal secolo XVIII, quando, durante il secondo impero, l’episcopato cercò di eliminare la presenza dei membri delle “grandi logge” nelle confraternite laiche, il caso si trasformò nella celebre “Questione Religiosa”, i cui momenti culminanti si verificarono  a attiia trainata da muli; ma,tra il 1872 e 1875. Da questo momento in poi i rapporti tra la Chiesa e l’Impero brasiliano non si ricucirono più. Per questa ragione, quando, dopo la proclamazione della repubblica il 15-11-1889, lo Stato fu secolarizzato, l’episcopato brasiliano – caso rarissimo in tutto il mondo – accettò il cambiamento con incredibile serenità. Il motivo di ciò può essere compreso dalle parole di Mons. Luís Antonio dos Santos (1817 – 1891), Arcivescovo di Salvador e Primate del Brasile, proferite il 21-1-1890:

 

Il patronato era una carica pesante che stava attaccata alla nostra religione, che la fece languire tra noi non solo senza la protezione dello Stato, come a forza di persecuzione, e persecuzione terribile, che mascherava sotto il mantello della protezione, e che avendo in mano tutti i mezzi di dominio, di essi si serviva soltanto per intorpidire la marcia della religione.

Senza menzionare le tristi scene del parlamento brasiliano nei primi giorni dell’Impero e la soppressione degli ordini religiosi, senza toccare i lugubri episodi della cosiddetta questione religiosa, nella diminuzione delle cattedre del seminario; senza ricordare la ripugnanza che si notava nella divisione delle diocesi, all’aumento degli stipendi degli ecclesiastici, crescendo invece le tasse sugli scarsi salari dei preti; la negazione di tutto ciò che si proponeva in favore del servizio della Chiesa; se mi fosse permesso di raccontare solo il concorso delle parrocchie vacanti delle quali ho avuto conoscenza ultimamente, farebbe velare il volto.[1]

 

La libertà conquistata permise alla Chiesa di imporre una stretta disciplina sul clero e sulle associazioni laicali cattoliche; ma, nonostante ciò, lo stato secolare repubblicano non fu mai pervaso dall’anticlericalismo. Anzi, negli anni successivi si verificò un progressivo avvicinamento tra la Chiesa e le istituzioni pubbliche. L’Acre fu parte integrante di questa logica, come dimostra, tra tanti altri episodi, l’iniziativa presa dall’amministratore del territorio, Epaminondas Jacome, di emanare un decreto il 4-2-1921, in omaggio a Mons. Bernardi:

 

Considerando che quantunque in forza della Costituzione la Chiesa sia separata dallo Stato, il popolo brasiliano è nella sua maggioranza cattolico;

considerando che il fatto di professare uno il Sacerdozio non gli impedisce di meritare la stima e l’ammirazione pubblica;

considerando che Mons. Prospero Bernardi è stato il primo prelato che sia approdato a queste lontane plaghe acreane;

considerando che nella sua cristiana umiltà l’illustre rappresentante del Cattolicesimo ha ottenuto di ravvivare nello spirito del popolo acreano la sacra fiamma dell’amor di Dio, fonte perenne di bontà e di rassegnazione;

considerando che per tutti questi titoli Sua Eccellenza Reverendissima si è imposto all’ammirazione generale ed ha acquistato le unanimi simpatie;

si stabilisce di dare alla scuola serale, che, come è stato deliberato, sarà eretta nella città di Xapurì, il nome di “SCUOLA D. PROSPERO”.[2]

 

Le riviste OSM dell’epoca sono piene di citazioni di eventi in cui partecipavano insieme le autorità civili e religiose, ma, questa convivenza “armoniosa” ebbe i suoi momenti di crisi. Il motivo fu l’atteggiamento dei membri delle logge massoniche, la cui audacia fu descritta il 20-11-1920 da fr. Giacomo Mattioli in una lettera al suo Provinciale: “Pensi che la massoneria è tanto ardita che mi ha già invitato ad entrare nelle sue file!”[3]

Era prevedibile che ci sarebbero stati dei tentativi per frenare tale situazione e ciò avvenne subito dopo l’arrivo di fr. Giuseppe Albarelli (1873 – 1942) a Rio Branco nel 1923. Erudito, ma polemista nato, il neoarrivato era stato uno dei responsabili della creazione del periodico Il Servo di Maria, considerato il più antico bollettino informativo dell’Ordine in Italia. L’articolazione per la venuta di fr. Albarelli incominciò a concretizzarsi quando il governatore dell’Acre, José Tomás da Cunha Vasconcelos, istituì a Rio Branco un “Patronato Agricolo” di cento alunni, e chiese a Mons. Prospero Bernardi un religioso che si fosse prestato, in modo particolare, per l’insegnamento delle lingue. Ne fu fatta parola a fr. Albarelli, il quale accettò con piacere, e il 29-8-1923, sulla nave Alsina, partì da Genova per il Brasile portando con sé, in molte casse, un’infinità di oggetti per le chiese, per i missionari e per i poveri della missione. Arrivato a Rio de Janeiro il 23 settembre, fu accolto dai monaci benedettini e, dopo aver trascorso un periodo imparando il portoghese, andò in Acre, arrivando a Rio Branco il 25-12-1923. Il 23 gennaio dell’anno seguente venne nominato da Mons. Bernardi vicario foraneo e diventò professore di inglese e francese nella scuola Sette di Settembre. Qui lavorò per quattro anni, ma quello sarebbe stato uno dei periodi più turbolenti della sua vita[4]    

Subito dopo il suo arrivo, fr. Albarelli s’indispettì a causa della disinvoltura dei massoni nell’ambiente ecclesiale di Rio Branco, e cercò di cambiare tale pratica. Il problema era che gli mancava la necessaria cautela nelle parole e nei gesti, e ciò comprometteva i suoi progetti. Emblematico fu quanto accadde il 27-1-1927. In quell’occasione, in un discorso funebre, l’irruente frate infastidì il Colonnello Laudelino, che uscì dalla chiesa seguito dai suoi ufficiali. La massoneria se ne approfittò per vendicarsi e il giorno dopo, il signor Raimundo Machado (“Machadinho”), amico dei Servi di Maria, che aveva abiurato alla sua “grande loggia” , fu tempestivamente licenziato dalla carica che occupava, di segretario del governo.[5] Inoltre, fu costretto a lasciare Rio Branco e a trasferirsi a Rio de Janeiro. Per aiutarlo, fr. Albarelli gli comprò la casa e i mobili e gli diede anche altri 4 contos di réis. L’11-5-1927, “Machadinho” arrivò a Rio, essendo accolto dai Servi in Via São Luís Gonzaga, dove rimase fino a trovare un posto adeguato.[6]o" esplicito Servi con astorale vocazionale in Brasile durante decadi.  del Consiglio Generalizio che gli uomini di col

Nel frattempo, l’ambiente a Rio Branco diventava sempre più teso, perché, fr. Albarelli non sempre sapeva armonizzare i propri sentimenti patriottici con quelli del popolo con cui lavorava. Il 24-11-1927, la direttrice dell’Ospedale Municipale Augusto Monteiro, sr. Mercedes Andreello, per mancanza di letti disponibili, rifiutò un malato, e, quando vennero ad assicurarle che si trattava di una richiesta del proprio governatore Hugo Ribeiro Carneiro, lei diede una risposta, che forse sarebbe restata senza grandi conseguenze altrove, ma che in Acre era altamente offensiva: “Ho già detto che non vi sono letti; a meno che il Governatore mi mandi il suo, non posso ricevere l’infermo”. Il Governatore inviò un soldato a chiedere alla suora di venire da lui a dare delle spiegazioni. Essa, senza rendersi conto della gravità della situazione, non ci andò, e ricevette in cambio, da un ufficiale della Forza Pubblica, un’intimazione a comparire. Allora lei lo fece, ma protestando. Il Governatore, naturalmente, rimase molto offeso per la sua reazione, ma la cosa poteva essere riparata con un dialogo cortese; fr. Albarelli però entrò in scena, consigliando la suora di resistere e a telegrafare all’ambasciata italiana. Egli stesso redasse il testo, inviandolo prima che sr. Mercedes lo facesse. Da qui un intenso scambio di telegrammi, e il vescovo, per cercare una soluzione, chiese al frate di rimuoverla. Fr. Albarelli non seppe gestire la situazione, e il risultato fu penoso: invece della sostituzione di una, il governo del Territorio dell’Acre decise di cacciare tutte le suore dall’istituzione. La loro espulsione avvenne con tale acredine che ne risultò un vero disastro.[7]  

Ma, l’avvenimento più celebre accadde il 28-11-1927, quando, dopo una discussione, fr. Giuseppe Albarelli indossò una fascia tricolore italiana (bianco-rosso-verde) e uscì di casa percorrendo il tratto dalla chiesa di San Sebastiano al vicino palazzo del Governo. L’atteggiamento insolito eccitò in alcuni la curiosità, in altri lo stupore, ed in qualcuno sdegno. La gente si concentrò intorno e non mancò chi vedesse in tale gesto una vera e propria provocazione. Fu così che il capo della polizia, Dr. José de Melo, l’invitò a presentarsi in questura e dare spiegazioni. Egli rispose che “la distanza fra la propria casa e quella del delegato era uguale a quella dalla casa del delegato alla sua; quindi, se aveva qualche cosa da dirgli, andasse lui dal parroco”. Il delegato lo fece sul serio, e quando si avvicinò, trovò fr. Albarelli che discuteva per strada col popolo. Per evitare una situazione ancora più imbarazzante, diede il suo braccio al religioso e lo condusse al suo ufficio, e dopo tre o quattro ore lo condusse alla casa parrocchiale. Ma, non era ancora finita: con meraviglia del vescovo, il frate dichiarò dall’altare che erano scomunicati tutti coloro che avevano preso parte ai fatti sopracitati, telegrafando anche all’ambasciata italiana a Rio de Janeiro, e, secondo quanto si crede, perfino a Benito Mussolini. A questo punto, i giornali scandalistici locali mettevano benzina sul fuoco, e, il vescovo che si era recato a Rio Branco il 15-12-1927 in visita pastorale, credeva in un primo momento e il 251-1927sempre  diventava sempre pio.

to alla sua "erire un discorso funebre, infastiddi poter risolvere la situazione trasferendo l’irrequieto frate a Sena Madureira. Poco dopo però, cambiò idea, e in seguito ad una consultazione con i suoi confratelli Servi di Maria (il cui contenuto è sconosciuto), decise di dimetterlo dalle sue funzioni e rimandarlo in Italia. Il 16-1-1928 il prelato spiegò la decisione presa al Priore Generale, facendo una critica infuocata sul confratello in partenza:

 

Il P. Albarelli parte oggi alla volta di Roma. [...] Il vero ed unico (il corsivo è dell’autore) motivo che mi ha indotto a prendere la decisione che ho preso va ricercato esclusivamente nel suo temperamento che ha dato motivo ad una serie d’intemperanze ed impulsività, ognuna delle quali presa isolatamente può sembrare inezia, ma nelle loro collettività hanno formato la posizione da me ritenuta non proficua al bene spirituale della popolazione e per una parte di essa dannosa

Il P. Albarelli ha buon gioco dando a credere di essere perseguitato dalla Massoneria e ritenersi vittima di essa. A mio modo di vedere, esso è vittima della sua megalomania per la quale ha bisogno di mettere in movimento molta gente, specialmente nel ceto altolocato, affinché si parli di lui e si abbia l’illusione che senza di lui il mondo non va avanti, o non procede bene.[8]

 

          Così, non il 16, ma il 18-1-1928, fr. Giuseppe Albarelli partì per l’Italia a bordo della nave Rio Aripunã, venendo sostituito il 1º febbraio seguente da fr. Gregorio Dal Monte. Il triste episodio ricevette diverse interpretazioni: da una parte, si riconosce che l’Albarelli esagerò, ma dall’altra, non si può negare che la massoneria locale fosse davvero invadente. Vale ricordare che, nonostante qualche voce in contrario, i suoi confratelli Servi di Maria lo appoggiarono. Tre di essi, tra cui lo stesso fr. Gregorio Dal Monte, accanto a fr. Giulio Mattioli e fr. Egidio Muscini, gli scrissero perfino una lettera il 14-1-1928, manifestandogli la loro solidarietà:

 

Prima che lei si separi da noi, vogliamo manifestargli, oltre che a voce anche per scritto, i nostri sentimenti a suo riguardo nelle tristi circostanze attuali, dandole piena libertà di fare di questa nostra lettera l’uso che vuole.

Sarà per lei di conforto il ricordare la pace e armonia che ha sempre regnato fra noi, e la nostra piena convinzione che il suo allontanamento da Rio Branco è dovuto agli intrighi della massoneria e ad una meschina vendetta dell’attuale governatore. [...] Chi si è mostrato contrario a lei non è stata la gente semplice della campagna, dove ella era benvoluta da tutti per le scuole di catechismo e per le frequenti visite ai malati. Non sono stati i commercianti, i quali si sono rifiutati in massa di sottoscrivere la petizione promossa ultimamente dal capo di polizia per ottenere dal vescovo la di lei rimozione. [...] Non è stato infine il popolo cattolico in generale, che ha continuato a venire in chiesa e a fare battesimi e matrimoni come prima e più di prima, come risulta dai libri parrocchiali.

Contrari a lei sono stati i massoni, che non potevano perdonarle l’audacia di non ammetterli come padrini di battesimo, nonostante la loro posizione sociale, e di combattere la massoneria col Bollettino Parrocchiale, con fogli volanti e con le prediche in chiesa. Contrari a lei erano i ladri, i dissoluti, i violenti, che si vedevano colpiti dalle prediche sue contro le ladrerie e gli altri vizi [...].

Inoltre, benché non tocchi a noi giudicare i nostri superiori, crediamo tuttavia ci sia lecito esprimere il dolore e lo stupore che ci ha colpiti al vedere che Monsignore, pieno di tenerezza per un prete spretato come il P. Villa, e un prete di vita scandalosa come il P. Benedetto de Araújo Lima {ex-parroco di Xapurì], non solo non ha difeso lei, ma le ha perfino proibito di difendersi a voce e per scritto dalle infami accuse contenute nella lettera aperta della Folha do Acre, difesa che sarebbe stata facile per le evidenti menzogne di cui la lettera era imbastita. [...] Serva per lei di conforto il ricordare che altri hanno sofferto simili e maggiori persecuzioni dalla setta tenebrosa, tante volte condannate dai Sommi Pontefici, e che lei, oltre il merito di aver lottato contro i nemici della Chiesa, avrà anche il merito di aver dovuto cedere ad essi, solo per fare l’ubbidienza al vescovo. [...] Le rinnoviamo quindi i nostri ringraziamenti, e le riaffermiamo i sensi della nostra stima e ammirazione, augurandole che il Signore le dia il dovuto compenso per il male che le è stato fatto dagli uomini.[9]

 

Da aggiungere che dopo il suo rientro in Italia, fr. Giuseppe Albarelli riprese la serenità. Prima lavorò nel convento di Pesaro, ove insegnò religione nelle scuole pubbliche e, in seguito, fu trasferito al convento di Bologna, dove si applicò a svariatissimi studi (filosofia, teologia, radioestesia, origine del linguaggio e, in modo particolare, storia dell’Ordine), pubblicando un'imponente serie di scritti. Morì serenamente, vittima di una crisi cardiaca, a Roma nella notte del 15 al 16-12-1942, stroncato da edema polmonare, dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti.[10]

Il suo “caso” produsse anche un importante seguito giuridico per l’Ordine in Brasile. Ciò accadde perché, dopo il suo rientro in Italia, fr. Albarelli s’interessò perché fosse nominato un vicario generale dell’Ordine per la fondazione lete conseguenza giuridica per l'ffari dell'sarebbe providenziale per evitare l'brasiliana, com’era previsto dal Diritto Canonico, e per evitare la ripetizione di incidenti e divergenze tra il vescovo e i religiosi. La sua richiesta fu accolta dal Priore Generale Austin Moore e, come si vedrà avanti, il primo vicario generale OSM nominato fu fr. Giacomo Mattioli, al quale il Generale scrisse il 26-4-1929, per comunicargli la decisione presa.[11] 

In Brasile comunque, restarono altri problemi irrisolti. Nel 1936, la seconda madre generale delle Serve di Maria Riparatrici, sr. Teresa Rossi (1886 – 1962), non riuscendo a mettersi d’accordo con Mons. Prospero Bernardi riguardo alle attività delle sue consorelle, richiamò in Italia le religiose che lavoravano a Sena Madureira. Così, il collegio Santa Giuliana fu chiuso il 27-10-1936 e le bambine orfane consegnate ai loro parenti. Le ultime Riparatrici a lasciare la città furono sr. Theodolinda Buffon (1903 – 1972) e sr. Scolastica Fruscalzo (1910 – 1999). Rimase soltanto un’aspirante nata a Sena, di nome Juliana Ferreira de Souza, che si prese cura della casa, fino al ritorno delle suore. Ciò accadde cinque anni dopo – il 23-5-1941 –, con la conseguente riapertura del collegio il 1º giugno di quello stesso anno.[12]

Le religiose però non erano esattamente le stesse, ma, due nuove: sr. Ester Bressan (1902 – 1979) e sr. Adelaide Giardi (1912 – 1997). Anche il profilo del collegio Santa Giuliana cambiò una volta che, in pratica, fu trasformato in una scuola privata (internato ed esternato), senza più privilegiare l’assistenza alle orfanelle. Quello che non cambiò furono le fatiche del lavoro da realizzare. Comunque, al commentare i primi venti anni di presenza della famiglia OSM. in Acre, Mons. Bernardi preferì rilevare lo spirito di collaborazione esistente: “Condividemmo fin dai primi anni le scarse gioie e le molte amarezze inerenti ad una nuova fondazione, quasi senza avvertirle, tanto era la concordia cooperativa in un lavoro irto di difficoltà per le incognite contro le quali era necessario lottare”.[13]

 

 

[1] ASV, Carta do Arcebispo Primaz ao Internúncio, em: Nunciatura Apostólica no Brasil, fasc. 330, caixa 68, doc. 12, fl. 27b – 28.

[2] E. JÁcome, Decreto, in Il Servo di Maria, 5, Bologna 1921, p. 67.

[3] G. Mattioli, Lettera al Priore Provinciale romagnolo (20-11-1920), in “Il Servo di Maria”, 6, Bologna 1921, p. 93.

[4] Livro de tombo – Rio Branco, vol. 1, fl. 4v; G. Roschini, Galleria Servitana, pp. 31 – 33.

[5] Livro de tombo – Rio Branco, vol. 1, fl. 5v.

[6] Crônica del convento de Nossa Senhora das Dores do Rio Comprido – Rio de Janeiro, fl. 15 v.

[7] AGOSM, Lettera di Mons. Prospero Bernardi al Priore Generale (16-1-1928), in: busta Acre e Purùs, lettere, documenti e relazioni (1926 – 1932), fl. 18.

[8] AGOSM, Lettera di Mons. Prospero Bernardi al Priore Generale (16-1-1928), in: busta Acre e Purùs, lettere, documenti e relazioni (1926 – 1932), fl. 18.

[9] AGOSM, Lettera dei confratelli Servi di Maria dell’Acre al fr. Giuseppe Albarelli (14-1-1928), in: busta lettere del P. Gregorio Dal Monte (1925 – 1938), A, fl. 77 – 79.

[10] G. Roschini, Galleria Servitana, p. 33.

[11] Cronica do convento de Nossa Senhora das Dores do Rio Comprido – Rio de Janeiro - fl. 20 v.

[12] Livro de Tombo – Sena Madureira, vol. I (1920 – 1959), fl. 16v, 24.

[13] P. Branchesi e R. Fabbri, Serve di Maria Riparatrici, I, Frascati 1992, p. 270.