Comunità di St-Ortaire

 

 

La Chiesa dei Servi di Maria 

 

Fin dal suo arrivo, il visitatore si trova ai piedi della Chiesa dei Servi di Maria. Di stile néo-romanico, si eleva nell'area dove Sant’Ortaire fondò il suo eremitaggio. Costruita all'inizio del XIX secolo da padre Chappey, la chiesa sembra proteggere il convento, che ospita dal 1945 i fratelli Servi di Maria e i loro novizi. Essa offre ai curiosi un spettacolo insolito: invece del gallo tradizionale, il suo campanile è sormontato da una croce intersecata da una falce, ricordando la falce dorata dei Druidi. Questo emblema ricorda che la religione dei Druidi era ancora dominante in Gallia all'epoca di Sant’Ortaire, prima che il cristianesimo venisse a prenderle il posto.  

Tuttavia, la presenza della falce mostra che tutti i valori di questa religione, come ogni religione, possono trovare il loro vero posto ai piedi della croce. 

Entrando nella chiesa, si è colpiti dalla rappresentazione di Cristo che risorge: è come se rompesse il guscio di un uovo, che dopotutto rievoca la Pasqua. Questa figura sormonta l’altar maggiore,  che è illuminato in modo naturale dalle vetrate che lo circondano. Prima di procedere verso nella navata, sulla destra, ci sono due statue: una, in pietra, quella di Sant’Ortaire e l'altra, in legno, quella di San Pellegrino Laziosi. Una targa che fa memoria di Pierre Chappey, costruttore della chiesa, emerge tra questi due opere. A sinistra dell'entrata, una statua in pietra rappresenta il Cristo in croce confortato dalla Vergine in piedi e in preghiera; è un’ opera di Pierre Marcel. Una fotografia di santa Teresa del Bambino Gesù e del Santo Volto ricorda la vicinanza di Sant’Ortaire ad Alençon luogo di nascita della santa. Avanzando verso il coro, a sinistra, una successione di otto immagini in rame sbalzato, opera di Jean Douai, amico della comunità, rappresenta la Via di Maria, che indicano i sette dolori prima di sbocciare nella gloria della Risurrezione. 

Nella navata ci sono sei vetrate: tre, a destra, rievocano alcuni momenti della storia dei Servi di Maria; tre, a sinistra, descrivono scene bibliche. Ogni vetrata di destra propone un'idea che corrisponde ad una vetrata di sinistra; sono opera del sacerdote Bernard Chardon. 

Sulla prima vetrata di sinistra: il Buon Pastore e le sue pecore; su quella di fronte: sant’Antonio M. Pucci, Servo di Maria, canonizzato da Giovanni XXIII nel 1962, e che fu parroco nel XVII sec., ha benedetto i suoi fedeli, curato i malati e ha ricoperto dei suoi abiti poveri mal vestiti. 

La seconda vetrata di sinistra rievoca l'Eucarestia: si può vedere, in alto, il Cristo e i suoi apostoli durante l’ultima Cena, mentre la parte inferiore della vetrata, anticipando già l'Eucarestia, rappresenta il dono della manna agli ebrei nel deserto durante l'esodo. La vetrata di destra illustra la Comunione sperimentata dai Sette santi Fondatori dei Servi di Maria, a cui si ispirano; è anche raffigurato sant’Agostino del quale i Servi hanno adottato la regola. La terza vetrata di sinistra mostra l'Ascensione di Cristo che porta con sé l'umanità nella gloria. La vetrata di destra ci presenta santa Giuliana Falconieri e san Pellegrino Laziosi. 

A destra e a sinistra del coro, due cappelle laterali rievocano la Vergine Maria con altre quattro vetrate. Nella cappella di destra, la prima vetrata rappresenta la fuga  in Egitto di Gesù, Maria e Giuseppe per sfuggire al massacro degli Innocenti. La seconda mette in scena Maria ai piedi della Croce. 

Nella cappella di sinistra, la prima vetrata rappresenta la Visitazione, l’incontro tra Maria con sua cugina Elisabetta, madre di san Giovanni Battista, durante il quale Maria canta il Magnificat. La seconda vetrata propone una Natività. In questa stessa cappella laterale si trova il tabernacolo a forma di tenda che ricorda che Dio, in Gesù, ha piantato la sua tenda tra noi. Vicino all'altare, una statua della Vergine, indicante Gesù e vestita da un manto in corteccia, fa allusione all'albero della vita. Dietro l'altare, e attorno al Cristo che "risorge", ancora due vetrate attirano la nostra attenzione: una, a destra, rappresenta la chiamata del Cristo rivolta ai pescatori che "lasciando le loro reti, lo seguirono" (Marco 1/15); l'altra, a sinistra, riproduce san Filippo Benizi, che per molti anni fu al servizio dei suoi fratelli come Priore generale e che, preferendo la vita comunitaria agli onori, secondo un’antica tradizione, rifiutò di essere papa. 

L'altare, così come le vetrate, è il frutto della meditazione del sacerdote Bernard Chardon e, dunque, ricco di parecchi simboli. Innanzitutto, questo altare colpisce per la sua trasparenza: difatti, qualunque sia l'angolatura da cui lo si guarda, la luce l'attraversa. Il Cristo non ha forse detto: "Io sono la luce del Mondo. Chi mi segue non resterà nelle tenebre" (Gv. 8/12)? È da notare che il piede che sostiene il peso dell'altare è stretto, fragile alla sua base, man mano che si avvicina al piano orizzontale, questa tavola che rappresenta il Cristo, si allarga, diventa più larga, più forte, come quando avvicinandoci a Cristo, diventiamo forti, molto vigorosi. Altro simbolo: questo piede è in qualche modo deforme, "invalido", richiama il Cristo che ha preso su sé tutte le nostre infermità" (Matteo 8/17). 

Il piede che sostiene la parte posteriore dell'altare assomiglia ad un piede di tavolo ordinario; è qui per ricordarci che la cena eucaristica anticipa il banchetto celeste in seno alla Trinità ma da  anche senso ai nostri pasti quotidiani: non ha il Cristo detto "sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi" (Matteo 28/20)? Alla destra dell'altare, si nota un Ovale, immagine della perfezione. Così come il Cristo si è seduto alla destra del Padre - posto di onore che gli spetta per il fatto che ha compiuto perfettamente nell'amore la sua missione di salvezza - essere vicino all'altare è essere vicino al Cristo, è ricercare la perfezione, è accettare di ricevere da lui la grazia di realizzare la parola inesauribile che vi dà: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro " (Matteo 5/48). 

 

Un luogo di vita 

Uscendo dalla chiesa, a destra troviamo l'edificio principale, il convento propriamente detto. Questa casa, sul muro laterale della quale si trova una bella immagine della Vergine col Bambino, è il luogo in cui si svolge la vita dei frati. È anche il luogo del lavoro: alcuni hanno il compito di incontrare le persone; altri l’incarico di preparare il cibo ai fratelli, curando l’orto o la cucina; altri ancora si preparano per i corsi o le conferenze che daranno nelle scuole, seminari o università. Tutti i frati, poi, si ritrovano insieme per i diversi servizi, per gli incontri fraterni e, certamente, quattro volte al giorno, per la preghiera nella cappella o in chiesa, preghiera sempre aperta agli ospiti e ai fedeli. 

La cappella colpisce per la bellezza dei suoi muri di pietra di cui alcune sono come le sculture  che ciascuno potrà interpretare al modo suo. La luce è data da due vetrate del sacerdote Bernard Chardon: su quella di sinistra, la Vergine che indica il bambino Gesù a sette persone che, per i Servi, rievocano i loro fondatori. Quello di destra, più astratta, è costituita da una mescolanza di esseri e di animali, alcuni dei quali molto deformi, attorno al volto di Cristo che viene ad illuminare il nostro sguardo e a chiamarci, con tutta la Creazione, a diventare Regno di Dio.  

Il piccolo altare, in ceramica, è a doppia faccia. Da un lato, la Croce, offerta, si inserisce nelle linee che disegnano una coppa, e dei cerchi che ricordano l'ostia; dall'altro lato, raffigura l'illustrazione del Salmo 41: "Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così la mia anima, ha sete di te." 

Il tabernacolo è stato scavato in un tronco di albero proveniente della foresta da fra Gaëtan M. Proulx. Il Cristo in legno proviene da Orvieto e ricorda le origini italiane dell'ordine. In una nicchia del muro di pietra c’è una statuetta della Vergine che proviene dal Canada[1]. Un’altra nicchia contiene un piccolo reliquiario opera di Jean Douai. Dietro, una piccola statuetta di Sant’Agostino rievoca l’origine della Regola adottata dai Servi. 

Uscendo dalla cappella, vediamo, a sinistra della chiesa, una casetta che i frati chiamano eremitaggio. Coloro che desiderano vivere un certo tempo nel più grande silenzio possono chiedere di risiedervi per alcuni giorni. 

È anche possibile, in momenti idonei a questo scopo, venire a condividere la preghiera e la vita della comunità alloggiando nella casa di ospitalità di fronte al Convento. Tutti possono chiedere di essere accolti per un ritiro spirituale. Questi tempi di preghiera e di scambio coi fratelli sono raccomandati particolarmente ai giovani, perché la naturale cornice della folta foresta favorisce il raccoglimento.

Un piccolo ufficio offre alcuni ricordi: oggetti di pietà e pubblicazioni religiose diverse. Si possono prenotare S. Messe e chiedere di incontrare uno dei fratelli. La sala San Filippo serve come luogo di preghiera e d’incontro per i giovani in particolare; qui si può ammirare una pittura di Bernadette Dupin che rappresenta la Vergine Maria e i Servi. A destra della sala, infine, è stato recentemente costruita una dimora detta Cafaggio, dal nome della prima abitazione dei Fondatori dell'ordine alle porte di Firenze. Un bassorilievo in rame sbalzato fatto da Jean Douai, che rappresenta i Fondatori dell'Ordine, troneggia di fronte ad un bellissimo camino.

Questo è quanto ci offre la borgata del Bas-Bésier, radura pacifica dentro la foresta di Bagnoles, oasi di fervore e di meditazione, di accoglienza e di gioia, dove da secoli,  nella storia,  si sono succeduti uomini e donne che, come i Servi d’oggi, hanno sempre cercato di vivere il vangelo, in un modo semplice e fraterno, ispirandosi a Maria.  

 

 

La chapelle des Servites

 

Dès son arrivée, le visiteur se trouve au pied de la chapelle des Servites. De style néo-roman, elle se dresse à l'emplacement où saint Ortaire fonda son ermitage. Construite au dé­but du XIX siècle par le père Chappey, elle semble protéger le Prieuré qui abrite, depuis 1945, les frères Servites de Marie et leurs novices. Elle offre au curieux un spectacle insolite: en lieu et place du coq traditionnel, son clocher est surmonté d'une croix que barre une faucille, rappelant la faucille d'or des druides. Cet em­blème rappelle que la religion des druides étant encore dominante en Gaule, à l'époque de Saint-Ortaire, avant que le christianisme vienne lui succéder.

Toutefois, la présence de la faucille montre que toutes les valeurs de cette religion, comme de toute religion, peuvent trouver leur vraie place au pied de la croix.

Dès l'entrée dans la chapelle, on ne peut qu'être frappé par la représentation d'un Christ ressuscitant et comme brisant la coquille d'un œuf qui évoque la Pâques. Cette figure sur­monte le maître-autel, éclairé de manière natu­relle par les vitraux qui l'entourent. Avant de s'avancer dans la nef, sur la droite, deux statues : l'une, en pierre : celle de Saint-Ortaire et l'autre, en bois : celle de Saint-Pérégrin. Une plaque commémorant la mémoire de Pierre Chappey, bâtisseur de la chapelle, s'ins­crit entre ces deux œuvres. A gauche de l'entrée, une statue de pierre re­présente le Christ en croix réconforté par la Vierge, debout et en prière ; c'est une œuvre de Pierre Marcel. Une photographie de sainte Thérèse de l'Enfant Jésus et de la Sainte Face rappelle que c'est dans le diocèse de Sées, où se trouve Saint-Ortaire, à Alençon, qu'est née celle qu'on appelle sainte Thérèse de Lisieux ou plus familièrement la Petite Thérèse. En avançant vers le chœur, à gauche, une suite de huit figurines en cuivre repoussé, dues à Jean Douai, ami de la communauté, représente le chemin de Marie, ponctué en sept douleurs avant de s'épanouir dans la gloire du Ressus­cité.

Dans la nef, six vitraux : trois, à droite, évo­quent des moments de l'histoire des Servites ; trois, à gauche, décrivent des scènes bibliques. Chaque vitrail de droite propose une idée cor­respondant à un vitrail de gauche ; ils sont dus à l'abbé Bernard Chardon.

Sur le premier vitrail de gauche : le Bon Pasteur et ses brebis ; sur celui qui lui fait face : saint Antoine-M. Pucci, Servite, canonisé par Jean XXIII en 1962, et qui fut curé au siècle der­nier, bénit ses fidèles, soigne les malades et couvre un être mal vêtu.

Le second vitrail de gauche évoque l'Eucharistie : on peut voir, en haut, le Christ et ses apôtres lors de la Cène tandis que le bas du vitrail, anti­cipant déjà l'Eucharistie, représente le don de la manne aux Hébreux qui errent dans le désert

durant l'Exode. Le vitrail de droite illustre la Communion expérimentée par les Sept saints Fondateurs des Servites s'inspirant de sainte Marie; y figure aussi saint Augustin, dont le Servites ont adopté la règle. Le troisième vitrail de gauche montre l’Ascension où le Christ emporte avec lui l'Humanité dans sa gloire et, clin d'œil de l'artiste, la cha­pelle où nous nous trouvons est, elle aussi, dans cet élan. Le vitrail de droite nous présente sainte Julienne Falconieri et saint Pérégrin Laziosi.

A droite et à gauche du chœur, deux chapelles latérales évoquent la Vierge Marie à travers quatre autres vitraux. Dans la chapelle de droite, le premier vitrail évoque la fuite de Jésus, Marie et Joseph en Egypte pour échapper au massacre des Inno­cents. Le second met en scène Marie au pied de la Croix.

Dans la chapelle de gauche, le premier vi­trail représente la Visitation, rencontre entre Marie et sa cousine Elisabeth (mère de Saint-Jean-Baptiste) au cours de laquelle Marie chante le Magnificat. Le second vi­trail propose une Nativité. Dans cette mê­me chapelle latérale se trouve le tabernacle en forme de tente qui rappelle que Dieu, en Jésus, a planté sa tente parmi nous. Près de l'autel, une statue de la Vierge, présen­tant Jésus et vêtue d'un manteau en écorce, fait allusion à l'Arbre de vie. Derrière l'autel, et entourant le Christ "ressus­citant", deux vitraux retiennent encore notre attention : l'un, à droite, peint l'appel du Christ aux pêcheurs qui "laissant là leurs filets, le suivirent" (Marc 1/15) ; l'autre, à gauche, re­présente saint Philippe Benizi, Servite, qui fut pendant de nombreuses années serviteur de ses frères comme Prieur général et qui, préférant la vie communautaire aux honneurs, selon une vieille tradition, refusa d'être pape.

L'autel, comme les vitraux, est le fruit de la méditation du père Bernard Chardon et, donc, riche de plusieurs symboles. D'abord, cet autel frappe par sa transparence: en effet, quel que soit l'angle sous lequel on le regarde, la lumière le traverse. Le Christ n'a-t-il pas dit : "Je suis la lumière du Mon­de. Celui qui vient à ma suite ne marchera pas dans les ténèbres" (Jean 8/12) ? On remarquera que si le pied qui supporte le poids de l'autel est d'abord étroit, fragile à sa base, à mesure qu'il se rapproche du plan hori­zontal, de cette table qui représente le Christ, il s'évase, devient plus large, plus fort, de même que lorsqu'on approche le Christ, on devient fort, très fort. Autre symbole : ce pied est dif­forme, "infirme" en quelque sorte, rappel que le Christ "a pris sur lui toutes nos infirmités" (Matthieu 8/17).

Le pied qui soutient l'arrière de l'autel res­semble, lui, à un pied de table ordinaire ; il est ici pour nous rappeler que le repas eucharis­tique anticipe le banquet céleste au sein de la Trinité et aussi pour donner sens à nos repas de tous les jours : le Christ n'a-t-il pas dit "Je suis avec vous tous les jours jusqu'à la fin des temps" (Matthieu 28/20) ? A la droite de l'autel, on remarque un Ovale, image de la perfection. De même, que le Christ est assis à la droite du Père - place d'honneur qui lui revient du fait qu'il a par­faitement accompli, dans l'amour, sa mission de Salut - être proche de l'autel c'est être proche du Christ, c'est rechercher la perfec­tion, c'est accepter de recevoir, de lui, la grâce de réaliser la parole inépuisable qu'il vous donne : "Soyez parfaits comme votre Père est parfait" (Matthieu 5/48).

 

Un lieu de vie

Sortant de la chapelle, nous trouvons à droite le bâtiment principal, le Prieuré proprement dit. Cette demeure, sur le mur latéral de laquelle se trouve une jolie Vierge à l'Enfant, est le lieu de vie des frères. Lieu de travail aussi : certains ont davantage pour tâche l'entretien du Prieuré ; d'autres ont la charge de nourrir les frères, par le jardinage ou par la cuisine; d'autres encore, préparent les cours ou conférences qu'ils don­neront dans les écoles, séminaires ou universi­tés. Toutefois, tous se retrouvent pour les di­vers services, pour les rencontres fraternelles et, bien sûr, quatre fois par jour, pour la prière à l'oratoire ou la chapelle, prière toujours ouverte aux hôtes et aux fidèles.

L'oratoire frappe par la beauté de ses murs de pierres, dont certaines sont comme des sculp­tures que chacun pourra interpréter à sa guise. La lumière est donnée par deux vitraux du père Bernard Chardon : sur celui de gauche, la Vier­ge présente l'enfant Jésus à sept personnes qui, pour les Servites, évoquent leurs fondateurs. Celui de droite, plus abstrait, est constitué d'un mélange d'êtres et d'animaux, certains très handicapés, entourant le visage d'un Christ qui vient illuminer notre regard du sien et nous appeler, avec toute la Création, à devenir Royaume de Dieu.

Le petit autel, en céramique, est à double face. D'un côté, la Croix, offerte, s'inscrit dans des lignes dessinant une coupe, et des cercles rappe­lant l'hostie; de l'autre côté, figure l'illustration du Psaume 41 : "Comme le cerf aspire après l'eau vive, ma vie, mon âme, ont soif de toi".

Le tabernacle a été creusé dans un tronc d'arbre provenant de la forêt par le frère Gaëtan-M. Proulx. Le Christ en bois rayonnant provient d'Orvieto, rappelant les origines italiennes de l'Ordre. Nichée dans le mur de pierre, une sta­tuette de la Vierge provient du Canada[2]. Dans une autre niche, figure un petit reliquaire dû à Jean Douai. Derrière nous, une petite statuette de Saint-Augustin évoque les origines de la Règle adoptée par les Servites.

En ressortant de l'oratoire, nous apercevons, à gauche de la chapelle, une maisonnette que les frères ont coutume d'appeler l'ermitage. Celles ou ceux qui désirent vivre un certain temps dans le plus grand silence peuvent demander à y résider quelques jours.

Il est possible également, selon les périodes au­torisées à cet effet, de venir partager la prière et la vie de la communauté en logeant à "l'hôtel­lerie" en face du Prieuré. Tout le monde peut faire une demande en vue d'y être accueilli pour une retraite spirituelle. Ces temps de prière et d'échanges avec les frères sont particu­lièrement recommandés aux jeunes dans ce cadre forestier qui favorise le recueillement. En ressortant de l'oratoire, nous passons devant "l'hôtellerie", lieu d'accueil pour retraite spiri­tuelle.

Un petit bureau propose, plus loin, quelques souvenirs : objets de piété et publications reli­gieuses diverses. On peut aussi y confier des in­tentions de messes ou demander à rencontrer l'un des frères. Ne pas manquer d'y acheter les fameuses confitures faites au Prieuré. Juste à côté, le foyer Saint-Philippe sert de salle de prière et de lieu de rencontre, pour jeunes en particulier ; une peinture de Bernadette Dupin représente la Vierge Marie et les Servites. A droite du foyer, enfin, voici Cafaggio, construction récente, du nom de la première habitation des Fondateurs de l'Ordre, aux portes de Florence. Un bas-relief en cuivre re­poussé, dû à Jean Douai, et représentant les Fondateurs de l'Ordre fait face à une très belle cheminée.

Tel s'offre à nous le hameau du Bas-Bésier, clairière paisible dans la tendre forêt de Ba­gnoles, oasis de ferveur et de méditation, d'ac­cueil et de joie, où, depuis des siècles, dans l'histoire, se sont succédé des hommes et des femmes qui, comme les Servites d'aujourd'hui, ont toujours cherché à vivre l'Evangile, d'une manière simple et fraternelle, en s'inspirant de Marie.

 


 



[1] La provenienza canadese della statuetta non è casuale poiché nel 1961 i Servi di Maria della Francia decisero di unirsi giuridicamente alla Provincia servitana canadese in pieno sviluppo. I Servi di Maria del Belgio seguirono il loro esempio nel 1985; così come il Vicariato franco-belga dei Servi di Maria era parte della Provincia canadese.

[2] La provenance canadienne de la statuette n'est pas un hasard puisqu'en 1961, les Servites de France décidèrent de se rattacher juridiquement à la Province servite cana­dienne alors en plein essor. Les Servites belges les suivi­rent en 1985, si bien que le Vicariat servite franco-belge est membre de la Province servite canadienne.